L'INPS
ha emesso una circolare in merito all'applicazione dell'articolo 2, comma 5,
del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito dalla legge 30 ottobre
2013, n. 125, nei confronti dei dipendenti delle pubbliche
Amministrazioni, iscritti presso il Fondo pensioni lavoratori
dipendenti dell'assicurazione generale obbligatoria, titolari di assegno
ordinario di invalidità; la circolare prevede che al compimento del 65°
anno di se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per
il diritto a pensione, l'Amministrazione deve risolvere il rapporto di lavoro o
di impiego. Si avrà invece il trattenimento in servizio oltre il
65°anno di età esclusivamente per consentire la maturazione
della prima decorrenza utile della pensione.
Dunque quali saranno i riflessi
applicativi nei confronti dei
dipendenti pubblici anche titolari dell'assegno ordinario di invalidità
previsto dall'articolo 1 della legge 12 giugno 1984, n. 222?
In
particolare, considerato che l'assegno ordinario di invalidità si
trasforma in pensione di vecchiaia ai sensi dell'articolo 1, comma 10,
della legge n. 222 del 1984.A questo proposito, l'INPS ricorda che l'articolo 1, comma 8, del D. lgs n. 503
del 1992 prevede in favore degli iscritti all'Assicurazione generale
obbligatoria dei lavoratori dipendenti, invalidi in misura non
inferiore all'80%, una particolare tipologia di pensione di vecchiaia,
denominata appunto "pensione di vecchiaia anticipata",
liquidata a carico della richiamata gestione dei lavoratori dipendenti.
A tale proposito, si rammenta che ai sensi di quanto previsto
dall'articolo 1, comma 10, della L. n. 222 del 1984, l'assegno
ordinario di invalidità si trasforma solo al ricorrere dei requisiti per la
pensione di vecchiaia, tra cui è sicuramente da annoverare la pensione di
vecchiaia anticipata di cui al D. lgs n. 503 del 1992.
Quindi i requisiti e le condizioni per il conseguimento del trattamento
pensionistico della vecchiaia anticipata sono:
- l'accertamento dello stato di invalidità in misura non inferiore all'80%;
- il compimento dell'età anagrafica (55 anni per le donne, 60 anni per gli
uomini) adeguata agli incrementi alla speranza di vita (per gli anni 2019 e
2020, gli incrementi applicati sono pari a 12 mesi);
- la maturazione dell'anzianità contributiva minima di 20 anni nel Fondo
pensioni lavoratori dipendenti (cfr. circolare n. 262 del 3 dicembre 1984,
punto 13.1);
- il decorso di 12 mesi dalla data di maturazione del requisito (anagrafico,
contributivo o sanitario) da ultimo perfezionato.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Funzione pubblica
ha espresso il seguente parere: "Qualora il dipendente decida di non
esercitare subito il diritto all'accesso alla pensione di vecchiaia, l'Amministrazione
manterrà il rapporto di lavoro fino al compimento dell'età limite ordinamentale
di 65 anni. Al raggiungimento di tale età, in considerazione della
previa maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia anticipata,
l'amministrazione potrà collocare a riposo il dipendente, contando sulla
conversione dell'assegno di invalidità in pensione di vecchiaia".
FONTE: DISABILI.COM 03/02/2020