Il licenziamento illegittimo e discriminatorio del lavoratore con disabilità
30.12.2019

In caso di
licenziamento illegittimo il lavoratore deve essere reintegrato nel posto di
lavoro, ma ha
la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione, una indennità sostitutiva.
Il decreto legislativo n. 23/2015,
emanato, in attuazione della legge
n. 183/2014 (c.d. Jobs Act)
contiene disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a
tutele crescenti.
L'art. 2 del decreto disciplina il
licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale, confermando la
disciplina vigente rappresentata dall'art. 18, commi 1-3, della legge n.
300/1970, che prevede la tutela reale (reintegrazione nel posto di lavoro) del
lavoratore illegittimamente licenziato.
La legge stabilisce che il giudice, con la pronuncia di nullità del
licenziamento perché discriminatorio, ordina al datore di lavoro, la
reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
Il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non ha ripreso
servizio entro 30 giorni dall'invito formulato dal datore di lavoro, salvo che
il lavoratore richieda l'indennità sostitutiva prevista.
Il datore di lavoro è tenuto al
risarcimento del danno subito dal lavoratore per il
licenziamento di cui è stata accertata la nullità o l'inefficacia, stabilendo
una indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo
del trattamento di fine rapporto, inoltre sempre il datore di lavoro è
condannato, per l'intero periodo considerato, anche al versamento dei
contributi previdenziali e assistenziali.
La normativa in aggiunta riconosce al
lavoratore, fermo restando
il diritto al risarcimento del danno, la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della
reintegrazione nel posto di lavoro, una indennità sostitutiva pari
a 15 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR,
non assoggettata a contribuzione previdenziale. L'esercizio dell'opzione sostitutiva comporta ovviamente la risoluzione
del rapporto di lavoro; tale richiesta per l'indennità sostitutiva va
effettuata entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o
dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se precedente alla
comunicazione.
In conclusione si ricorda che l'art. 4, comma 4, riguarda i dipendenti divenuti
inabili, nel corso del rapporto di lavoro, con una riduzione della capacità
lavorativa pari o superiore al 60% i quali, se destinati a mansioni inferiori,
hanno diritto al più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di
provenienza: il recesso appare possibile se non vi sia la possibilità concreta
di assegnazione a mansioni inferiori.
Mente in caso di aggravamento dello stato di salute o di significative
variazioni nell'organizzazione del lavoro intervenute, la disposizione prevede
accertamenti sanitari da parte degli organi competenti, che non
comportano la risoluzione del
rapporto di lavoro, che può, invece, intervenire nel caso in cui venga
accertato che, anche attuando specifici adattamenti nella organizzazione del
lavoro (il cui onere ricade sull'imprenditore), non è possibile una occupazione proficua.
Fonte SUPER ABILE INAIL. Articolo del 30 dicembre 2019